Su Carlo Poerio, da Vienna
Ad osservare con grande preoccupazione la politica giudiziaria e l’attività repressiva del governo di Napoli non era soltanto il mondo politico liberale europeo: attento alle ripercussioni che potevano essere suscitate nell’opinione pubblica internazionale era anche un governo fortemente conservatore, e deciso sostenitore della monarchia borbonica, quale quello austriaco. In particolare le accuse e il processo contro il barone Carlo Poerio, del quale erano ben note le caratteristiche di moderazione politica e di probità intellettuale, sollecitava l’attenzione anche della stampa di Vienna, sede del governo che più era amico e sostenitore del regno borbonico. E i diplomatici napoletani ne erano fortemente indispettiti e cercavano di provocare provvedimenti restrittivi da parte delle autorità.
Attivissimo a questo fine era il principe di Petrulla, esponente dell’ala più reazionaria dell’aristocrazia siciliana, rimasto fedele a Ferdinando II anche durante la rivoluzione del 1848 e per questo proclamato “traditore della patria” dal parlamento di Palermo. Ministro plenipotenziario alla corte di Vienna malgrado fossero corse a suo carico accuse poco onorevoli, il Petrulla si agitava perché – come scriveva in un rapporto al suo governo il 9 settembre 1850 – «il giornale ufficiale, non meno che gli altri che conosciamo come organi di questo governo, pubblicano sempre un articolo per noi. […] non tralasciano di farlo pubblicandone gli atti in un senso tale da farli rimarcare come gli atti del più crudele dispotismo». E di questi atti il Petrulla faceva un lungo elenco: «Le notizie di movimenti in Sicilia, di arresti, di misure di rigore, la pena di morte inflitta a coloro che trasgrediscono leggi sanitarie; le destituzioni di molti generali dell’armata, i movimenti in Calabria, gli arresti per nuove congiure e cose simili, tendono a presentare agli occhi d’Europa il nostro Regno come alla vigilia di nuovi sconvolgimenti politici ed il Real Governo come incerto e poco sicuro». E sottolineava poi l’attenzione dei giornali all’evento che maggiormente preoccupava il governo di Ferdinando II: «Della causa di Poerio e compagni, onde produrre quell’eccitamento che si desidera, se ne pubblica ogni giorno una seduta …».
Dunque, se il giudizio espresso nelle lettere di Gladstone avrà poi sull’opinione pubblica internazionale l’effetto devastante per il regno borbonico che viene loro solitamente attribuito, ciò avverrà perché quel giudizio era largamente diffuso e condiviso già da tempo e in larga parte d’Europa.