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Mazzini? In Borbonia era musulmano

Sapevate che Mazzini era un terrorista sanguinario, disposto a compiere qualunque crimine pur di raggiungere i suoi scopi, naturalmente ignobili? No? Bene, a informarvene provvide il buon Giacinto De Sivo, lo storico del regno borbonico talmente fazioso che perfino Francesco II, che pure lo aveva nominato nel maggio 1863 componente della “Commissione per la stampa” per diffondere la propaganda legittimista, fu costretto a prenderne le distanze. Scrisse il De Sivo (Storia delle Due Sicilie dal 1847 al 1861, Trabant, Vol. I, p. 103): «Il Mazzini intanto, per ricordare i doveri degli adepti suoi, in ottobre di quello stesso anno 1846, mandava scritto così: “Il cammino del genere umano è sempre tracciato da ruine; chi teme le ruine non comprende la vita. L’Italia oggi deve uscire dalla sua prigione, rompere i legami dei papi e degli imperatori; e purché si compiano suoi destini corran pure fiumi di sangue, le città si rovescine l’une sulle altre, e battaglie ad incendii, incendii a battaglie succedano. Non importa! Se l’Italia non dev’essere nostra, val meglio preparare la distruzione, e tale che ogni disfatta sia catastrofe finale. Però esortiamo popoli e soldati a seguir questo disegno, che nessuna città si lasci ritta al vincitore, e ch’esso trovi morte ad ogni passo. In tal guerra non si ceda, si distrugga. Sarà terribile; tutta la vita d’un popolo non sarà che un’opera di rivoluzione. Combattiamo dunque, e sterminiamo…».

Il testo mazziniano al quale il collerico don Giacinto si riferisce è la lettera «Agli amici d’Italia» che Mazzini in effetti compose e fece diffondere sul finire del 1846 e che è possibile leggere, con una rapida ricerca su Google, nel «Fondo Spada» che ne pubblica la riproduzione. Tra l’altro, Mazzini esortava: «La scala del progresso è lunga; vuolsi tempo e pazienza per venirne a capo. Il mezzo di andare più presto si è non varcare che uno scalino per volta; volere prendere un volo verso l’ultimo, egli è esporre l’impresa a parecchi danni». Insomma un Mazzini gradualista, attento fors’anche per l’eroica ma tragica esperienza appena conclusasi dei fratelli Bandiera, a evitare le fughe in avanti. Nessuno si stupirà quindi nello scoprire che il testo riportato dal De Sivo semplicemente in quella lettera non esiste, che Mazzini non lo scrisse mai, che si tratta di una spudorata invenzione dello “storico” De Sivo, promosso a fonte privilegiata dalla propaganda neoborbonica. Che, per la verità talvolta riesce perfino a superarlo tanto che, se riportate il testo in questione su un motore di ricerca, vi porterà ad un “divulgatore” della bibbia neoborbonica – non gli farò l’onore di citarlo qui – che, giusto per sfoggiare la sua cultura, su un giornale on-line arriva a definire il Mazzini “profeta di Maometto”. E c’è chi non solo legge questa roba, ma ci crede anche.

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