Le tre carte dei neoborbonici
Eredi della “siculofobia” borbonica, i neoborbonici si ingegnano a far sparire nel silenzio il ruolo e perfino l’esistenza delle migliaia di volontari siciliani che impegnarono l’esercito di Francesco II prima dell’arrivo dei garibaldini, affiancarono i Mille dopo il loro sbarco, risultarono decisivi nei momenti cruciali come nella battaglia di Palermo, combatterono nell’esercito meridionale che, varcato lo stretto di Messina, giunse fino al Volturno. Quelle squadre di volontari cancellano infatti in modo definitivo la “bufala” – per usare un termine oggi di moda – dell’invasione piemontese ridando centralità al popolo siciliano nella storia di Sicilia.
Va ricordato che la rivoluzione del 1860 non fu certo la prima occasione nella quale i siciliani impugnarono le armi contro l’esercito borbonico. Nel 1820 era stato il popolo di Palermo a ingaggiare l’ultima, disperata battaglia per sbarrare il passo alle truppe napoletane inviate alla riconquista dell’isola, malgrado le «bombe e granate» sparate dalla regia flotta contro la città (Giornale costituzionale delle Due Sicilie n. 84, 13-10-1820). Nel 1848 era stata la lotta di strada delle “squadre” a cacciare i soldati di Ferdinando II e l’ultima resistenza nella Messina rioccupata dal principe di Satriano era stata opera dei “camiciotti”, semplici popolani.
Nel 1860 non si svolse dunque che l’ultimo, vittorioso atto di quella lunga, drammatica vicenda. E va ribadito che a Palermo gli insorti della Gancia, i tredici fucilati del 14 aprile, i “picciotti” che si batterono dal ponte dell’Ammiraglio a porta Montalto e oltre, non erano “mafiosi”, come vorrebbe l’infame menzogna spacciata oggi da diffamatori professionisti che perseguono un ambiguo progetto politico: erano artigiani, operai, esponenti della piccola borghesia cittadina insofferenti di un potere oppressivo non solo delle libertà politiche ma anche dello sviluppo del tessuto produttivo locale.
Nascondere il protagonismo siciliano nel percorso risorgimentale con un goffo gioco delle tre carte serve solo a diffondere una falsa rappresentazione della realtà che va cancellata per restituire serietà agli studi storici.
P.S. C’erano alcuni siciliani al servizio del governo borbonico? Certamente, come c’erano a Milano lombardi al servizio dell’Imperial regio governo e a Roma sostenitori del papa-re, e magari si facevano anche ritrarre in dagherrotipia. Ma qualche foto di personaggi dall’identità ignota, realizzata non si sa dove e quando, resta una testimonianza ininfluente all’interno della complessiva vicenda storica.