Il cappello alla calabrese
Dopo i moti anti-borbonici del ’44 i Calabresi adottano un cappello di foggia strana che in breve tempo diventa simbolo della resistenza all’oppressore e anche segno di riconoscimento tra i cospiratori. Le polizie Austriache , Papaline e Borboniche lo proibiscono perché “sovversivo “. Una circolare di Polizia di Monsignor Giuseppe Milosi Ferretti inviata ai vari governatori , specifica che “Si è osservato che in onta di reiterate avvertenze e divieti intorno l’uso di cappelli di color bianco con nastri ed orlatura nera, o verde o rossa nonché di altri così detti all’Ernani, e che in qualunque modo per la forma e per il colore escono dall’ordinario, seguono tuttavia ad usarne taluni non senza ammirazione dei buoni.” Per cui “Interesso la Signoria Vostra Illustrissima a dare le più pronte disposizioni per il pieno relativo effetto nella parte che la riguarda”
Il cappello “ sovversivo “ viene proibito con decreto del 15 febbraio 1848 a firma del barone Torresani Lanzenfeld, allora direttore generale della Polizia di Milano dell’Impero Asburgico. Nonostante ciò, i cittadini milanesi si beffeggiarono del decreto e modificarono i cappelli “patriottici”; così, giusto per imitare la penna, simbolo di libertà e rimasta sul cappello alpino, sollevarono lateralmente la tesa del proprio copricapo. Allo scoppio delle Cinque Giornate di Milano, i cappelli sanzionati dalla polizia Asburgico ricomparvero numerosissimi sulla testa di tutti, uomini e donne, abbelliti da vistose coccarde
Perche’ viene detto anche “ Cappello all’Ernani “ ? Ernani è una creazione letteraria di Victor Hugo, un eroico bandito (che in realtà è un nobile spagnolo), il quale combatte l’ingiustizia e la tirannide. Il soggetto piacque a Verdi che lo volle per la sua opera omonima, la cui prima rappresentazione fu a Venezia il 9 marzo del 1844. Il costumista aveva ideato per il bandito un cappello dalle larghe tese, di cui una era ripiegata verso l’alto, adornato da una grossa piuma.
Anche l’Ernani entrò con altre opere di Verdi a fare quasi da sottofondo ai moti risorgimentali. Ad accendere gli animi fu soprattutto il coro del terzo atto, trascinante con versi quali: “ Si ridesti il Leon di Castiglia / e d’Iberia ogni monte, ogni lito / eco formi al tremendo ruggito” , “Sorga alfine radiante di gloria / sorga un giorno a brillare su noi. / Sarà Iberia feconda d’eroi, / dal servaggio redenta sarà.”. Fu facile negli animi ardenti dei patrioti identificare il Leon di Castiglia con il Leone di Venezia e pensare che il nome Iberia potesse significare Italia. Questo coro divenne ben presto popolare, come pure il cappello alla “ Calabrese” o “ Ernani , indossato non molto cripticamente quale segno distintivo politico.
la Bombetta degli Alpini del 1873 nella sua foggia ricalca il Cappello alla Calabrese o alla “Ernani”. Il ministro Magnani Ricotti con decreto n. 69 del 24 marzo 1873 ne fissa le caratteristiche. La bombetta non subì nemmeno l’influenza di altre due riforme uniformologiche dovute al Ministro Luigi Mezzacapo nel 1876 e del Ministro Mazè de la Roche nel 1879. Anzi, la Bombetta fu adottata, anche dal Tiro a Segno Nazionale, fondato nel 1878, dalla Guardia di Finanza operante in montagna e da alcune Guide Alpine, segno che divenne veramente molto popolare, nonostante la poca praticità.