1860

1860

La Sicilia che ne invase due

Sui “social”, l’accademia storica del neoborbonismo, dilaga il tormentone dell’invasione nel 1860 del regno borbonico senza dichiarazione di guerra ad opera dei soliti piemontesi. Ignoriamo il mondo assurdo di chi scrive con la pretesa di essere preso sul serio “mi hanno occupato 160 anni fa” – e qui c’è solo da congratularsi per la longevità del soggetto – e stiamo sul terreno storico.
Va innanzi tutto premesso che la prassi di iniziare lo stato di guerra attraverso una dichiarazione era
tutt’altro che costante.

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1860Giuseppe GaribaldiMille

Le tre carte dei neoborbonici

Eredi della “siculofobia” borbonica, i neoborbonici si ingegnano a far sparire nel silenzio il ruolo e perfino l’esistenza delle migliaia di volontari siciliani che impegnarono l’esercito di Francesco II prima dell’arrivo dei garibaldini, affiancarono i Mille dopo il loro sbarco, risultarono decisivi nei momenti cruciali come nella battaglia di Palermo, combatterono nell’esercito meridionale che, varcato lo stretto di Messina, giunse fino al Volturno. Quelle squadre di volontari cancellano infatti in modo definitivo la “bufala” – per usare un termine oggi di moda – dell’invasione piemontese ridando centralità al popolo siciliano nella storia di Sicilia.

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1860BufaleGiuseppe GaribaldiPersonaggi storici

Gli inglesi offrirono Marsala a Garibaldi?

Le circostanze nelle quali avvenne lo sbarco dei Mille a Marsala l’11 maggio 1860 furono immediatamente oggetto di una violenta polemica circa il presunto ruolo determinante che vi avrebbero giocato due vascelli della flotta da guerra britannica, l’Argus e l’Intrepid, ormeggiati in rada, e che avrebbero – con modalità non meglio precisate – impedito alle navi dell’Armata di mare napoletana sopraggiunte di lì a poco, la corvetta Stromboli al comando di Guglielmo Acton ed il vapore Capri al comando di Marino Caracciolo, di bloccare, o almeno di contrastare efficacemente, lo sbarco stesso con il tiro dei loro cannoni.

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1860BufaleGiuseppe Garibaldi

La seconda morte di Ippolito Nievo

Nella notte tra il 4 e il 5 marzo 1861, sulla rotta Palermo-Napoli, affonda il piroscafo “Ercole”: a bordo circa ottanta persone tra uomini d’equipaggio e passeggeri. Tra essi il poeta e romanziere Ippolito Nievo, che ricopriva l’incarico di vice-intendente dell’Esercito meridionale (l’Intendenza era l’ufficio che ne curava l’amministrazione), e gli altri addetti a quel compito. Del naufragio non vi furono superstiti e non si trovò allora né in seguito alcun relitto della nave.

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1860

Quando Francesco II cestinò la Costituzione

li storici del “Grande brigantaggio” scatenato dal governo di Francesco II nel settembre 1860 nel tentativo di ripetere il successo ottenuto da Fabrizio Ruffo contro la Repubblica Partenopea hanno dato l’opportuno risalto agli aspetti propriamente “militari” delle istruzioni che Pietro Calà Ulloa, ministro di polizia nel governo Casella, emanò da Gaeta per la formazione di “colonne” di volontari tratte dalla classe contadina con un duplice obiettivo: 1. opporsi sia alle truppe garibaldine che a quelle sarde, che stavano sopraggiungendo proprio in quei giorni. 2. tentare di stroncare l’attività della “Guardia nazionale” controllata dai principali esponenti del movimento liberale, e che tanto aveva contribuito al disfacimento dell’amministrazione e delle articolazioni periferiche governative e alla travolgente avanzata dell’esercito meridionale1.

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18481860

Se 1+1 fa sempre due

Per tutto il corso dell’Ottocento preunitario la Sicilia fu uno dei teatri del conflitto combattuto per via diplomatica nel Mediterraneo tra le grandi potenze per acquisire l’egemonia su quel mare. Ma nella vicenda l’isola fu tutt’altro che un soggetto meramente passivo, come vorrebbe un certo “revisionismo” neoborbonico, ma esercitò anche un ruolo autonomo derivante dalla sua storia e dalle sue aspirazioni.

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1860Bufale

Documenti borbonici e capriole neoborboniche

È nozione comune tra gli storici che nulla vi sia di più inedito di ciò che è stato già edito: essendo la quantità di fonti messe a stampa spesso di tale mole da finire per nascondere, anziché svelare, i documenti pubblicati, o almeno parte di essi.
Proprio la lettura di uno di questi documenti mette a tacere in modo incontrovertibile le insinuazioni diffuse centosessanta anni fa dalla pubblicistica legittimista e clericale, e riprese in tempi recenti dal chiacchiericcio neoborbonico, circa la pretesa corruzione dei comandanti delle truppe napoletane operanti nell’isola per favorire l’azione delle truppe in camicia rossa e delle squadre dei picciotti.

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